Intelligenza artificiale, attenzione alla voce possono rubarvela

Intelligenza artificiale sì, intelligenza artificiale no. Il dibattito sulle nuove tecnologie è sempre acceso e l’eterna lotta tra Apocalittici e integrati continua inesorabilmente senza sosta.

Se da un lato, infatti, l’intelligenza artificiale ha accelerato tantissimi progressi, ad esempio nel campo della medicina, dall’altro ha destabilizzato la sicurezza nell’ambiente digitale tanto da dover intervenire il Consiglio dell’Unione Europea attraverso l’approvazione, il 21 maggio 2024, dell’Artificial intelligence (AI) act (Regolamento (UE) 2024/1689 ).

Il regolamento rappresenta il fondamento assoluto nel quadro giuridico, dove l’Unione Europa svolgere un ruolo di primo piano a livello mondiale e dove l’intelligenza artificiale viene classificata in 4 livelli di rischio e si rivolge sia al pubblico che al privato. Ovviamente anche l’Italia ha recepito il regolamento.

L’Ue pone inoltre l’attenzione su un fattore fondamentale che ha stravolto il modo di utilizzare la rete, dai social ai siti fino ai sistemi di accesso. Se fino a qualche anno, infatti, fa l’interesse era sui dati personali, che potevano essere disseminati online, adesso bisogna concentrarsi sui dati biometrici.

Quali sono i dati personali?

Con i dati personali s’intendono, secondo il Garante per la Privacyle informazioni che identificano o rendono identificabile, direttamente o indirettamente, una persona fisica e che possono fornire informazioni sulle sue caratteristiche, le sue abitudini, il suo stile di vita, le sue relazioni personali, il suo stato di salute, la sua situazione economica”, distinguendo inoltre tra:

  • i dati che permettono l‘identificazione diretta – dati anagrafici (ad esempio: nome e cognome), le immagini, ecc. – e i dati che permettono l’identificazione indiretta, come un numero di identificazione (ad esempio, il codice fiscale, l’indirizzo IP, il numero di targa);
  • i dati rientranti in particolari categorie: si tratta dei dati “sensibili“, cioè quelli che rivelano l’origine razziale od etnica, le convinzioni religiose, filosofiche, le opinioni politiche, l’appartenenza sindacale, relativi alla salute o alla vita sessuale
  • i dati relativi a condanne penali e reati: si tratta dei dati “giudiziari”, cioè quelli che possono rivelare l’esistenza di determinati provvedimenti giudiziari soggetti ad iscrizione nel casellario giudiziale (ad esempio, i provvedimenti penali di condanna definitivi, la liberazione condizionale, il divieto od obbligo di soggiorno, le misure alternative alla detenzione) o la qualità di imputato o di indagato.

Quali sono i dati biometrici?

Già il Regolamento (UE) 2016/679 ha incluso la nozione di dati biometrici come quegli elementi che consentono o confermano l’identificazione univoca, ad esempio l’immagine facciale. Definizione ripresa più specificatamente nell’ultimo impianto normativo.

Occhio alle truffe con l’intelligenza artificiale

Una delle truffe che si sta diffondendo velocemente e in maniera sempre più sofisticata è il deepfake.  Nello specifico, attraverso sistemi tecnologici i cybercriminali clonano la voce con lo scopo di truffare l’utente attraverso una telefonata. Così potrebbe succedere di ricevere una chiamata da parte di persone a noi care che chiedono il nostro aiuto, nella maggior parte dei casi economico. Cosa fare? La Polizia Postale  invita a verificare sempre la fonte, quindi richiamare la persona è la prima cosa da fare. Attenzione all’uso dei social, il furto della voce potrebbe avvenire anche attraverso un video su Tik Tok o Youtube.

Per maggiori informazioni su come difendersi dalla truffe con l’intelligenza artificiale consultare anche il vademecum Garante per la Privacy

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