Doxxing, aumentano le vittime ma in pochi sanno cos’è

doxxing

Esiste da tanto tempo ma in pochi lo conoscono. E’ il doxxing, il fenomeno sempre più diffuso in Internet, che ogni giorno si allarga a macchia d’olio in tutto il mondo e che anche in Italia conta molte vittime. Ma di cosa si tratta esattamente?

Il doxxing oppure doxing, il significato non cambia, è un termine inglese, deriva dox cioè documenti, ed è un neologismo apparso in rete alla fine del primo decennio del 2000. Il fenomeno però è presente nella comunità degli hacker sin dagli anni ’90.

In pratica con il termine doxxing s’intende l’equivalente online del mobbing, della persecuzione, cioè quell’insieme di comportamenti violenti di natura psicofisica e verbale, esercitati da un insieme di persone nei confronti di altri soggetti o di singoli. Lo scopo del doxxing è, ad ogni modo, quello di condurre delle campagne pubbliche di denigrazione nei confronti di qualcuno.

Il tutto avviene in pochissimo tempo. Mettere in atto il doxxing implica una ricerca meticolosa dei dettagli della vita privata delle persone, a partire dal nome, dal posto di lavoro e di tutti i dati sensibili, e infine pubblicarli online con intenti maligni. Si tratta, ovviamente, per prima cosa di un atto lesivo della privacy, dunque di un reato (violazione della privacy) seguito poi da tantissimi altri , ad esempio calunnia, persecuzione ecc ecc. In genere, infatti, la diffusione delle informazioni ha uno scopo negativo, spesso utilizzato in contesti di “online shaming” che possono sfociare nella diffamazione pubblica di una persona mettendone inoltre a rischio la propria vita.

A spiegare nei dettagli tutto sul doxxing è il sito www.comparitech.com in un articolo a firma di Stephen Cooper. “Gli effetti – si legge nell’articolo- possono causare alle vittime prese di mira la perdita del lavoro, delle loro famiglie e persino delle loro case. I bersagli principali degli attacchi di doxxing sono stati costretti a nascondersi e hanno dovuto cancellare tutti i loro account online e cambiare le loro identità”.

“Una stupida riga – spiega Cooper- o la mancanza di informazioni corrette può portare ad attacchi di mob e mettere in serio pericolo di vita le vittime. Una discussione sui social media può degenerare in false accuse e in hate speech. Doxxing aggiunge particolari a queste dispute, portando le vittime alla distruzione psicologica o addirittura ad attacchi fisici. Doxxing porta il cyberbullismo al livello successivo”.

 

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Secondo un sondaggio online di Amnesty International condotto da Ipsos MORI  su un campione di donne di età compresa tra 18 e 55 anni del Regno Unito, Stati Uniti, Spagna, Danimarca, Italia, Svezia, Polonia e Nuova Zelanda, sulle loro esperienze di abuso online o molestie su piattaforme di social media il dato è che il 23% delle donne intervistate in otto paesi ha dichiarato di aver subito abusi o molestie online, che vanno dal 16% in Italia al 33% negli Stati Uniti.

Inoltre lo studio evidenzia che circa i due terzi delle donne che hanno subito abusi o molestie online nel Regno Unito (67%), Nuova Zelanda (64%) e Italia (68%) hanno espresso un sentimento di apprensione pensando all’utilizzo di Internet o dei social media.

Ad ogni modo, dal doxxing un sistema per difendersi, o meglio per prevenirlo, c’è. E a suggerirlo è sempre il sito www.comparitech.com. Tra i consigli si legge: “molti di noi regalano troppe informazioni personali sui siti di social media. Devi assicurarti di consentire solo agli amici intimi di accedere alle tue informazioni personali. Ci sono molti che accettano richieste di amicizia da chiunque. Potresti conoscere persone che hanno migliaia di “amici” su Facebook. Non essere una di quelle persone. Permetti solo alle persone che conosci molto bene di essere tuoi amici su Facebook. Siate cauti riguardo ai colleghi “amici” del lavoro – potrebbero presto diventare rivali”.

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